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  • Simona

La fabbrica delle bambole: uno sguardo realista sull'Ottocento.

Ciao, sono Simona, le mani, la mente e il cuore dietro al progetto Hic Sunt Monstra, e questo è il mio blog, dove vi parlo prevalentemente di artigianato e ispirazione, ma anche di letteratura, come vi racconto in questo post.

Scrivere è una mia grande passione, spero di riuscire a farvi scoprire qualcosa in più sul mio lavoro e su di me anche tramite quello che leggo e scrivo.



Difficilmente per questo blog scrivo articoli o recensioni su singoli libri, ma una delle mie ultime letture, "La fabbrica delle bambole" di Elizabeth Macneal, merita un trattamento parte, non solo in quanto lettura notevole in sé, ma soprattutto per le riflessioni che mi ha provocato riguardo a uno dei miei periodi storici preferiti: l'Ottocento.


Teso tra Romanticismo e Positivismo, tra tradizione e rivoluzione, l'Ottocento resta un periodo storico e letterario di indubbio fascino. Per certi versi la sua ambivalenza ce lo fa sentire ancora incredibilmente vicino, e rimane una sorta di golden age su cui gli appassionati di atmosfere vittoriane, crinoline, letteratura romantica e neogoticismi ancora vagheggiano, io per prima.






Tuttavia, tolti i drappi artistici, l'Ottocento ci svela anche tantissime macchie: ingiustizie sociali, miserie, sfruttamento, sfrenata corsa all'industrializzazione, condizioni igieniche e di salute ben lontane da una visione moderna e progressista. Un mondo, insomma, assai meno ovattato di quello che spesso assorbiamo dai nostri libri preferiti, ma che è interessante conoscere e approfondire.


"La fabbrica delle bambole" è un romanzo che si ambienta nella Londra vittoriana e a cui fa da cornice uno dei fenomeni artistici che io amo di più, il movimento preraffaellita, ma soprattutto è un libro che ci restituisce una visione realistica di quel periodo storico, nei suoi aspetti anche più tristi e dolorosi, molto distanti dalla visione edulcorata e impreziosita offerta dall'arte e dalla narrativa più classica (sebbene già un contemporaneo come Dickens denunciò le contraddizioni della sua epoca).



La trama de "La fabbrica delle bambole" è semplice: siamo nel 1851 e le due gemelle Iris e Rose vivono lavorando come operaie in un negozio di bambole. Mentre Rose, sfregiata da una malattia e quindi difficilmente appetibile per un matrimonio, conduce una vita improntata ai più rigidi valori, Iris sogna di diventare una pittrice e coltiva in segreto il sogno di fuggire dalla sua misera condizione. Così come accadde a Lizzie Siddal, Jane Morris, Annie Miller e colleghe, Iris viene notata da un pittore preraffaellita, Louis Frost, un personaggio inventato che nella trama lavora però all'interno della Confraternita con Millais e Rossetti, e che con loro condivide la filosofia e l'estetica del gruppo.

Frost corteggia la sua modella finché ella non accetta di posare per lui, a patto che le venga anche insegnato a dipingere.

Ma Frost non è l'unico ad aver notato Iris. si invaghisce infatti di lei anche un tassidermista tutt'altro che rassicurante...



In questa romanzo si parla di arte, si parla di ambizioni femminili e si parla di follia, sullo sfondo di una Londra brulicante di personaggi e di eventi. Molti liquideranno questo volume come un crime storico, ma è molto, molto di più, tanto che la parte delittuosa potrebbe tranquillamente essere interpretata come metafora di una condizione esistenziale drammatica.

Quello che invece avvince di questa storia sono gli accenti posti sulla miseria delle classi più deboli, sulla condizione femminile, sulla poca considerazione per la vita umana e sui retroscena del mondo artistico, soprattutto di quel movimento che fu così tradizionale e sovversivo allo stesso tempo: i Preraffaelliti, appunto.



L'affresco di Elizabeth Macneal demitizza il bel mondo vittoriano, tirando fuori da dietro gli arazzi una società complicata e ingiusta, piena di cattivi pensieri e cattivi odori che gettano luce su tutt'altro tipo di fascino.

"La fabbrica delle bambole" parla quindi del lato più umano e controverso di un periodo storico che ha aperto le porte al mondo come lo conosciamo oggi, e i cui interrogativi non sono ancora totalmente risolti.

Resta nel cuore la varia umanità che in una Londra piena di luci e speranze coltiva sogni miseri e impossibili allo stesso tempo. Ma soprattutto resta nel cuore l'ambizione e la ribellione di Iris, più volte pestata come un fiore vecchio, e più volte tenacemente attaccata ai suoi sogni e alla sua vita, incapace di concepire il suo futuro solo come bambola impagliata in un teatrino allestito da altri.



Arte e tassidermia sono qui - ai due opposti - misura di ambizione ma anche di artificio. Sono scene costruite a tavolino, tanto più distanti dalla realtà quanto più messe a confronto con la stessa: ma nel contrasto siamo spinti a interrogarci su quanta distanza ci sia tra noi e le epoche passate, e quanta invece non ce ne sia. Basti solo pensare al ruolo della donna come Musa d'arte, quando nel quotidiano le donne erano vittime di rigidissimi ruoli e stereotipi, e difficilmente potevano prendere decisioni autonome sul loro futuro.

Il titolo richiama quindi molte delle possibili fabbriche in cui le donne sono state impoverite della loro umanità, e rese solo fantocci di scopi altrui. L'analisi che ne risulta, come è ormai chiaro, va ben oltre la parte crime, e abbraccia una tematica che per molti versi ci tocca ancora.




Se amate leggere questo tipo di letture immersive e dissacranti, e se amate a dismisura l'Ottocento, non posso non consigliarvi altri due titoli emblematici in questo senso: "Il petalo cremisi e il bianco" di Michael Faber e "Le cinque donne" di Hallie Rubenhold. Il primo è un romanzo che racconta l'ascesa di una prostituta, il secondo un saggio che narra le vicende delle cinque famose vittime di Jack Lo Squartatore, ma entrambi questi libri hanno la stessa capacità di rendere un affresco crudele e sanguigno dell'epoca, e di tratteggiare con maestria uno dei ruoli più difficili e ostracizzati, quello della donna.


Buone letture.



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