Questo post era stato programmato per la fine di novembre. E poi succede che si è presi dalla mole del lavoro e dagli eventi, e si arriva a ridosso delle feste di Natale. Perfetto, ho pensato. Quale miglior periodo per parlare dei tempi dell'artigianato quando di fatto hai meno tempo in assoluto? E poi è entrata la vita a gamba tesa. Non solo professionalmente sono stati giorni intensi e faticosi, ma in famiglia abbiamo perso uno dei nostri membri, che sebbene, qualcuno potrà obiettare, avesse solo baffi, coda e quattro zampe, era a tutti gli effetti uno di noi, e la sua improvvisa mancanza ha gettato tutti nello sconforto e nel panico.
Per giorni - che non sono ancora del tutto trascorsi - ho avuto tempo solo di espletare le mie funzioni lavorative di routine. Non c'è stato spazio per l'estro, per la divagazione, per qualunque cosa che mi obbligasse ad affondare in me stessa e nei miei sentimenti.
Dopo un po' ho pensato di nuovo che potesse essere il momento perfetto per parlare dei tempi dell'artigianato, perché in fondo chi lavora con la propria creatività, più di altri, è soggetto agli sbalzi e ai blocchi emotivi, e deve, più di altri, trovare il modo di produrre anche quando non vorrebbe, anche quando non si sente.
I tempi dell'artigianato sono più lunghi, rispetto a quelli di una produzione di massa. Suona quasi banale affermarlo. Anche senza coinvolgere tutti gli aspetti collaterali di un'attività artigianale, di cui spesso il creativo deve occuparsi in prima persona ancor prima di metter mano alla parte operativa (ad esempio, la ricerca dei materiali giusti), l'artigianato implica anche più tempo per concepire, per studiare, per pensare, per realizzare.
Il tempo dell'artigiano è fatto di mille imprevisti, ritardi, intralci, non sempre drammatici, che una produzione in serie esclude o argina a priori. Il tempo dell'artigiano è fatto di relazioni: con il committente (reale o ipotetico); con se stesso e con le proprie capacità; con l'ambiente che lo circonda. Perché l'artigiano vive anche degli stimoli che gli arrivano, e crea a partire da quello che vive.
L'artigiano ha spesso una cultura in divenire: quello che non conosco lo imparo, quello che non ho lo cerco, quello che mi blocca cerco di abbatterlo. Se l'artigianato è il tuo sostentamento, ad esempio, devi imparare a creare anche quando non ti va, non ti senti, non sei ispirato, non hai voglia, non hai idee. Devi imparare a disciplinarti, perché da questa disciplina nasce il tuo lavoro, e nascono i suoi frutti. Quando si parla di ispirazione a volte si crede che sia qualcosa che ti colpisce dall'alto come un fulmine - e che se non c'è quella sia impossibile lavorare. E' vero solo in parte. Chi lavora con la propria fantasia e le proprie mani sa, perché è costretto ad apprenderlo, come attivare l'ispirazione, come scatenare quel fulmine e farsi colpire, perché hey, c'è dello sporco lavoro da portare avanti.
I tempi dell'artigianato sono anche tempi "morti". E non mi riferisco solo a quelli in cui di fatto non si produce niente, e magari si segue un po' di amministrazione o si pulisce il laboratorio, ma molto più semplicemente quando si sta dietro ad un progetto che non vedrà mai la vita. Magari perché non ci incontriamo con il committente, perché le nostre idee alla fine non lo illuminano, perché non siamo pronti per quella o quell'altra realizzazione, o mille altre possibili ragioni per cui una nostra idea resterà solo sulla carta.
I tempi dell'artigianato ci obbligano a studiare: per restare aggiornati, per trovare nuove strategie in un mondo commercialmente difficile, per evolverci come persone e quindi come creativi, per appagare la nostra curiosità, perché essere artigiani non significa restare legati sempre alle solite tecniche e idee anno dopo anno, anzi. E in tutto questo, diversamente da una struttura organizzata, siamo sempre noi in prima fila, obbligati non solo a muoverci ma anche a capire dove andare.
I tempi dell'artigiano sembrano a volte dilatarsi all'infinito, a volte sono una sequenza di piccoli attimi ripetuti. Ma sono tutto quello che c'è dietro l'oggetto che alla fine viene realizzato. E diciamolo, a volte è poca cosa. Lo teniamo tra le mani, è finito, pronto a partire, ci piace, ci piace un po' meno, e non pensiamo a tutto quello che si porta dentro in termini di "energie sottili".
Però nella soddisfazione di un artigiano e nel rispetto dei suoi tempi (che non significa "ci metto tutto il tempo che voglio perché sono un creativo", lungi da me crederci o farvelo credere!) anche la concentrazione di così tante forze per la realizzazione di un oggetto in fondo così piccolo è una forma di equilibrio.
L'oggetto diventa, per chi vuole accorgersene, una finestra su un mondo più ampio, fatto da chi lo crea e da chi lo sceglie. Ed anche chi sceglie l'artigianato merita qualche riga su questo blog. Solo, una prossima volta!