top of page
  • Simona

Dodici Lune - Artemide: un inno alla donna


In questo mese dedicato alla donna, il progetto Dodici Lune si fa forte di una dea che del femminile rappresenta a mio avviso una delle simbologie più alte. Con l'idea di potervi offrire più spesso qualche spunto di riflessione relativamente a quelle che sono le mie fonti di ispirazione creativa, ho deciso, in questo particolare momento storico, di cominciare parlandovi di Artemide, la mia terza dea lunare per questo complicato mese di marzo che ci ha messo tutti alla prova. Come sempre, i riferimenti mitologici da cui parto scivoleranno presto verso considerazioni e interpretazioni del tutto personali, di cui la mia sensibilità e la mia creatività si prendono pienamente la responsabilità.


La prima riflessione che nasce da questo mio confronto con la mitologia è che no, io non sono Artemide. Nota anche come Diana in ambito romano, personificazione della luna crescente, giovane e vigorosa dea dei boschi, della caccia, ma anche patrona delle iniziazioni femminili e protettrice della verginità, Artemide è una delle divinità che più declamano l'indipendenza e la libertà della donna. Ecco, io ne sono attratta perché probabilmente vivo nel suo contrario: sono schiva, scarsamente energica, molto riflessiva, pacata, vivo di pensiero più che di azione. Non ho mai sentito in me lo spirito della gioventù: sono sempre stata in ogni fase della mia vita un animo "anziano".


Eppure in quanto donna che anela a una liberazione e a un'affermazione di se stessa non posso non sentirmi attirata dalla simbologia forte di questa antica giovinetta. La sua leggenda narra che sia figlia di Zeus e Latona e sorella di Apollo (il sole). Nata per prima in circostanze difficili (la solita Era che voleva impedire all'ennesima amante del marito Zeus di partorire il frutto del loro amore), Artemide ha poi aiutato la madre a far venire al mondo il gemello.

Il padre degli dei, innamorato della bellezza e della grazia della figlia, le promise in dono tutto quello che poteva desiderare: ella scelse solo arco, frecce, una muta di cani, una corta tunica, boschi sui cui regnare, ninfe a farle compagnia, ma soprattutto la possibilità di decidere per se stessa, senza chiedere il permesso al padre. Vi immaginate? Potete avere tutto quello che volete, e voi chiedete la libertà. Libertà che poi Artemide dovette comunque difendere a più riprese, sotto forma di conservazione della propria verginità, ad esempio. La sua capacità di battere in astuzia e con arco e frecce gli assalti del mondo maschile la rendono assimilabile a tutte quelle culture matriarcali in cui la donna era anche capacissima guerriera, come ad esempio nel caso delle più famose Amazzoni. E' in ogni caso un'immagine che titilla il nostro lato più selvaggio e indomito, qualcosa che l'avvento di una cultura maschile dominante non ha del tutto spento negli angoli più remoti del nostro animo.


Non sono Artemide, no, ma a tratti vorrei esserlo. Vorrei immergermi in quell'immaginario mitologico che, al netto di tutte le stratificazioni delle culture e del tempo, resta il cuore della sua simbologia: io sono, al pari di ogni altra creatura, padrona di me stessa e del mio destino.

Ed è così che seppur concepita in momenti più sereni di quello che attualmente stiamo vivendo, ho scoperto come la mia versione di Artemide non sia solo perfettamente allineata al messaggio "femminista" che caratterizza i miei lavori di questo mese, ma sia anche un eccezionale simbolo del coraggio delle donne "in trincea" per una causa comune: a loro va il mio pensiero, e la mia ammirazione per essere in grado di esercitare una forza attiva di cui tutti noi beneficiamo.




(Immagine: Simon Vuet "Diana", 1637)

bottom of page